lunedì 11 giugno 2012

Ode a Napoli di P.B.Shelley 1820


Nella città dissotterrata udivo
il passo lieve, di fantasma, delle
foglie autunnali erranti per le vie,
e dentro quelle sale scoperchiate
fremere a tratti l'assonnata voce
della montagna: un suono oracolare
che scosse la mia anima in ascolto
con il sangue sospeso. Era la Terra
che parlava dal suo cuore profondo.
La sentii senza udirla. Per le bianche
colonne ardeva con vivido fuoco
il mare ondoso che sostiene l'isola:
un pianoro di luce fra due cieli
azzurri! Molti splendidi sepolcri
mi raggiavano intorno, belli d'una
pura bellezza che il Tempo - come
si compiacesse a salvare la Morte -
non aveva distrutta. Ed era limpida
ogni vivente linea di quei volti
come alla mente di chi li scolpì.
Le corone di mirto, edera, pino
immobili nel marmo come foglie
d'inverno modellate nella neve
non crescevano all'aria cristallina
che in silenzio pesava sulla loro
vita, come una Forza sovrumana
ogni cosa cullando, sulla mia.

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