Avrei pagato volentieri un biglietto per entrare in un castello così bello e così antico.
Avrei voluto che ci fosse stato un guardiano, in fondo mi aspettavo che qualcuno mi dicesse: "Signorì là non si può andare, non si può avvicinare!"
Ci lavorerebbero molte persone in un castello così: gli impiegati che fanno i biglietti, i giardinieri che impediscono all'erbaccia di infiltrarsi tra le pareti, i sorveglianti che si assicurano che nulla venga deturpato e poi ci sarebbero gli uomini che azionerebbero il treno più piccolo del mondo dove, sicuramente, tutti i bambini non smetterebbero di frignare fino a quando i loro genitori non gli comprerebbero il biglietto per fare un giro.
Le risate e un piacevole vociare riempirebbe l'aria di serenità.
Ci sarebbe anche spazio per un bookshop: gli scaffali pieni di libri che raccontano la storia di questo vecchissimo castello e un bar dove farebbero persino lo zucchero filato! Il venditore di palloncini non finirebbe mai di contrattare con nonni e zii che vorrebbero che abbassasse i prezzi.
Ma è risaputo che tutto ciò che altrove è normalità qui è chimerica eccezione perciò il trenino è abbandonato, le erbacce invadono prepotentemente ogni piccolo spazio, tutti entrano ed escono senza il minimo controllo e il castello sembra esser diventato un fastidioso accumulo di pietre dall'improduttiva bellezza selvaggia, come se la colpa fosse sua, come se si fosse scelto lui il posto in cui stare: alla faccia della preziosa storia che lo ha attraversato!
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